GIACOMO TACHIS
l'uomo che ha creato "I SUPER TUSCAN"
( Solaia-Tignanello-Sassicaia)
Iniziamo questa nuova rubrica cercando di raccontare le storie dei grandi Enologi, che hanno contribuito con la loro passione e le loro intuizioni a far nascere i grandi vini che oggi noi conosciamo.
L'Enologo più grande o importante di tutti i tempi, definito il Re o Principe degli Enologi Italiani è il piemontese Giacomo TACHIS. Nasce a Poirino un piccolo comune della provincia di Torino il 4 novembre del 1933. La famiglia è di origini modeste, suo padre Antonio fa il meccanico tessile, mentre sua madre Cecilia la casalinga. .
Fin da bambino dimostrò una perfetta attitudine per gli studi, si appassiona a tutto, scienza, arte e letteratura. Ma non ha solo la passione per lo studio. Ha un carattere piuttosto ribelle, tenace e forte con insofferenza verso coloro che si mostrano autoritari senza essere autorevoli. Spesso è in contrasto con i professori e se una cosa gli va di traverso non c'è modo di fargliela apprezzare. Non sa subito cosa vorrebbe fare da grande. La madre vedendo questa indecisione del figlio, ma anche l'amore e la passione che aveva per lo studio, chiese ad un suo cugino, che lavorava come Direttore della Martini & Rossi, che scuola poteva essere adatta per il giovane Giacomo, che dimostrava una grande passione per la chimica e la biochimica per le piante. Attraverso la chimica lui vedeva che era possibile comprendere il perchè della vita. Non aveva passione per il vino, ma per la chimica della vite sì!!!.
Il cugino le consigliò di farlo studiare da enologo, presso l'Istituto Agrario di Alba, che poi glielo avrebbe sistemato lui il figlio in azienda.
Il periodo trascorso a scuola è stato un periodo bellissimo per il giovane Giacomo. Giornate trascorse fra lo studio ed il divertimento, Trascorre ore in laboratorio perso con alambicchi ed esperimenti, mentre i compagni preferiscono giocare con una palla. A causa di tutto questo viene preso in giro, lo definiscono un secchione, uno che diventerà semplicemente un mescola vino. Ma non si sente attaccato da quelle affermazioni, anzi è contento dell'idea di diventare un mescola vino.
I professori sono tutti contenti di quello studente che si dimostra attento e curioso, i genitori sono orgogliosi del loro ragazzo. La curiosità che dimostrava Giacomo lo portò ad interessarsi di vedere cosa accadeva negli altri paesi oltre i confini nazionali. Arrivó il momento che iniziò a seguire il più grande ed affermato enologo del mondo, il francese Emile Peynaud di Bordeaux.
Durante il periodo trascorso ad Alba, gli scriveva per chiedere consigli, aveva una intensa frequentazione epistolare con il grande enologo francese, da lui considerato per sempre un maestro, il suo maestro!.
Quando termina gli studi nel 1954, la promessa fatta dal Direttore non è più possibile mantenerla.
Giacomo non si scoraggia, perchè consapevole di avere in mano un mestiere che sanno fare in pochi.
Nel 1961 viene a sapere che l' Antinori sta cercando un enologo, ed hanno un bellissimo laboratorio, in Toscana a San Casciano in Val di Pesa, inoltre lo stipendio è da considerarsi dignitoso.
Gli Antinori sono una famiglia nobile, si occupano di vino da quando nel 1385 Giovanni di Piero Antinori, entro a far parte dell'Arte Fiorentina dei Vinattieri, e ad oggi quella attuale è la 26° generazione di Vinattieri, i più antichi d'Italia.
Qui Giacomo inizia a studiare la vinificazione, appassionandosi sempre di più allo studio della microbiologia, i batteri che azione avevano nel tempo sulla materia, inizia ad appassionarsi al Vino, per nostra fortuna.
In quegli anni in Italia non si producevano grandi vini, come quelli francesi. Ma si produceva più guardando alla quantità a discapito della qualità dei vini, quindi nessuno riusciva ad emergere. In Toscana c'era il Chianti nel fiasco, il vino che piaceva solo ai contadini.
Lui vuole andare oltre ed inizia a studiare i vini prodotti all'estero insieme a Piero Antinori, in Germania, Stati Uniti ed in particola modo in Francia. Si rendono conto che in Italia è limitata dai pochi investimenti fatti in campo enologico, i macchinari sono vecchi, le tecniche di raccolta delle uve e quelle di vinificazione sono vecchie e superate. Le modalità di come produrre il vino era il solo frutto delle tradizioni trasmesse da padre a figlio, senza applicare uno studio con il fine di comprendere gli errori e trovare nuove soluzioni.
Il Marchese Mario Incisa della Rocchetta, non era un produttore di vini ma era un allevatore di cavalli da corsa ( il grande Ribot).
In cantina aveva delle bottiglie di Cabernet, che produceva unicamente per consumo della famiglia e per condividerlo con gli amici. Era un Cabernet che era arrivato come barbatella 10 anni prima, direttamente dai vigneti dei Rothschild in Francia, a seguito di una scommessa vinta dal Marchese fatta con lo stesso Rothschild in cui erano state coinvolte le vicende sportive del noto cavallo Ribot ( ne riparleremo in un prossimo post).
Il figlio Nicolò era convinto che quel Cabernet avesse un potenziale non ancora sviluppato, poteva diventare un grande vino, ma gli occorreva colui che avrebbe potuto realizzare il suo sogno. Quell'uomo tanto atteso, il mescolatore di vini, si materializzò in Giacomo Tachis.
Marchesi Nicolò e Mario Incisa della Rocchetta
I Marchesi della Rocchetta erano cugini ed amici degli Antinori, e chiesero la cortesia da parte del cugino di permettere al suo giovane enologo di poter recarsi nella loro tenuta per avere un parere ed un consiglio su quel loro Cabernet prodotto in famiglia.
Nicolò chiede di fare una semplice considerazione sommaria, solo qualche commento e consiglio. Giacomo inizia ad assaggiarne diverse annate, quelle conservate meglio nei fusti. Segnando quelle pregevoli con un "X" e con un "?" quelle che presentano qualche difetto. Giacomo per riuscire a fare uno studio più approfondito, decide di prelevare dei campioni da analizzare in modo più scientifico. Prendendosi più tempo per dare un parere definitivo, atteggiamento che contraria i Marchesi della Rocchetta, che interpretano quel modo di valutazione troppo freddo e supponente, che dimostra la mancanza di quella sensibilità che si deve avere quando si approccia il vino, che è un elemento vivo e che per comprenderne le caratteristiche e le qualità necessita di essere osservato, annusato e bevuto.
Ma Giacomo Tachis sarà l'uomo giusto per il futuro della loro cantina, inalzandola per qualità tra i migliori del mondo, in quanto si dimostrerà il primo e migliore interprete di quel vino che prenderà il nome di "Sassicaia".
Nicolò e Giacomo diventeranno grandi amici per tutta la vita, condivideranno il percorso che avevano iniziato insieme nel produrre quel grande vino.
A Giacomo Tachis, nei 32 anni trascorsi a lavorare per la famiglia Antinori, si deve la nascita di due dei tre " I SUPERTUSCAN", il "Solaia" ed il "Tignanello" oltre al già nominato Sassica dei Marchesi della Rocchetta. Sono vini oramai con un riconoscimento internazionale, pari o anche superiore per qualità ai grandi vini Bordolesi. La sua innovazione in Toscana fu che riuscì a creare dei vini rossi che uscivano dai disciplinari del Chianti. Questi tre grandi vini nascono grazie all'impiego innovativo per quel periodo, della fermentazione manolattica e delle Barrique per l'affinamento ( quest'ultime una grande novità), e nasce il neologismo di " Vino Barricato".
Per Giacomo Tachis, il concetto di vinificazione si basa su alcuni principi, dove il " vino è l'interpretazione della natura, e per essere di qualità deve saper raccontare il territorio, attraverso le sue caratteristiche organolettiche ", e " il sesto d'impianto ridotto, che consiste nel ridurre il numero di piante presenti in vigna per avere una maggiore qualità e non la quantità che è sinonimo di pochezza".
Il suo impegno nei confronti della viticoltura non si fermò solo alla Toscana, ma rivolse le sue attenzioni verso il centro e sud Italia. Collaborò in Sardegna nella produzioni del Vermentino e del Carignano, in Sicilia nelle produzioni del Nero d'Avola, Grillo, Catarratto e Inzolia, in Piemonte nelle produzioni della Barbera e Nebbiolo, in Umbria con il vino Pelago, in Toscana con il Sangiovese, in Trentino Alto Adige fu fautore del San Leonardo
Tra le tante curiosità presenti nel modus operandi di Giacomo Tachis, c'era quella di assaggiare il terreno nel vero senso della parola, oppure che nel retro del suo bellissimo studio, era ricavata una piccola stanza dove l'enologo usava ogni tanto riposare dopo una degustazione.
Giacomo Tachis era un grande Enologo che adorava sempre approfondire lo studio della chimica e della microbiologia, ma usava dire ai propri collaboratori o allievi "Conoscere la chimica è importante, per non usarla nel vino".
Il lascito ai posteri di Giacomo Tachis si può leggere tra queste righe:
" C'è il vino del povero e il vino del ricco: quello del povero è il " vinum operarium" fatto semplicemente dal contadino, che nasce dal sentimento e che è più vicino alla natura. L'agricoltore serio vinifica come sente di fare e l'ispirazione gli proviene dalla campagna e dall'armonia raggiunta con essa; in questo odo il vino nasce dalla mano dell'uomo come la natura vuole che sia. Il vino del ricco, invece, si ha con le tecniche sofisticate, viene ottenuto con travasi particolari, microfiltrazioni o anche balle tipo l'osmosi inversa e altre ancora. Punta su vigneti scelti, noti, sui più blasonati"
Quindi come possiamo interpretare il suo testamento.........
Buon bere!!