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sabato 28 agosto 2021

STORIE DEI GRANDI ENOLOGI....

 

MATTIA VEZZOLA

Buon bere a chi legge!!!




Voglio parlarvi di Mattia Vezzola uno dei più grandi enologi Italiani, che si aggiunge a nomi come Giacomo Tachis, Giorgio Grai, Carlo Gancia e molti altri di cui andremo a scrivere nei prossimi post. 

Siamo sulle sponde bresciane del Lago di Garda, che Vezzola ama definire sponde Dannunziane, ci si trova di fronte ad uomo dal portamento sicuro, da cui traspare un carattere forte che incute soggezione ma che in realtà chiede semplicemente rispetto reciproco e sincerità.

La stessa sincerità che si evidenzia nei vini da lui creati in tanti anni di successi. 

Gli sono stati riconosciuti più volte premi come il miglior enologo italiano, ed anche fuori confine ha ottenuto tale riconoscimento come in Germania. 

Alla domanda che emozione ha provato nel ricevere questi premi, ha semplicemente risposto “ che i premi li danno gli amici distratti al sottoscritto, ma che comunque sono emozioni intense, belle che mi dimostrano che c’è stima e rispetto da parte di tutti i colleghi che rappresentano il presente ed il futuro dell’enologia Italiana”.

Cosa ha fatto nascere in Mattia Vezzola il desiderio di diventare enologo? 

Semplicemente l’imposizione del padre che non voleva sentire parlare della sua voglia di diventare veterinario. Oggi lui ringrazia il padre perché gli ha permesso di intraprendere un percorso di vita che gli ha dato la possibilità di ottenere grandi risultati, ma soprattutto di conoscere il territorio di tutti i luoghi da lui visitati. 

Il Vino per Vezzola è semplicemente l’interpretazione di una materia , che è l’uva, la quale rappresenta la massima forma di condivisione in quanto ci si confronta , si scambiano conoscenze, si fanno nuove amicizie ed oltre a questo rappresenta la capacità di tramandare la passione ai propri figli per rimanere legati al rispetto e all’amore per la propria terra.

Dal 1981 è Direttore e Enologo di Bellavista ed è titolare della Azienda Agricola Costaripa a Moniga del Garda (BS) che conduce insieme al fratello.

Nel 1973 produce il primo Metodo Classico del Lago di Grada e nel 1984 rivaluta il vitigno Groppello dandogli la dignità e la nobiltà che aveva perso nel tempo.

I vini presenti in azienda vanno dal Rosè che Vezzola tanto considera, ai Rossi, Bianchi e Bollicine:

Rosè: Molmenti, PalmArgentina, RosaMara;

Rossi: Castelline, Campostarne, Maim, Mazzane;

Bianchi: Pievecroce

Metodo Classico M.Vezzola: Crémant, Brut Rosè, Brut, Grande Annata Brut, Grande annata Rosè.

Il consiglio che lui lancia ai giovani che vogliono iniziare questa avventura e di aver sempre voglia di studiare, conoscere, amare questo mestiere ed avere la fortuna di incontrare il mondo.

come sempre....Buon bere a chi ha avuto la pazienza di leggere!!!!!

giovedì 25 febbraio 2021

STORIE DEI GRANDI ENOLOGI

 

ALBERTO ANTONINI



Buon bere a chi legge!!

E’ nato a Cerreto Guidi nella provincia di Firenze il 10 giugno del 1959, winemaker ed enologo di fama internazionale.

Laureato in scienze agraria all’Università di Firenze , con una tesi sui vitigni autoctoni in via di estinzione. La sua formazione accademica continua all’Università di Bordeaux in Francia e all’ Università di Davis in California.

Considerato tra gli enologi più influenti ed esperti, tra coloro che hanno cambiato il mondo del vino, ha collaborato con le maggiori aziende vitivinicole italiane e nel mondo.

Le sue collaborazioni vanno da Frescobaldi, Tenuta Col d’Orcia e Marchesi Antinori in Italia, consulente da Castello de Bossi a Poggio Landi, da Cantine Settesoli a Dievole da Concha Y Toro a Garzòn.

Il suo processo di produzione si basa sulla definizione che dietro ai vitigni più belli e longevi c’è il lavoro dei contadini, perché la viticoltura per riuscire ad affrontare le sfide del presente e del futuro deve guardare al passato e raccogliere tutte quelle conoscenze che oggi molti credono superate.

Il suo concetto di viticoltura è studiare, esaminare e conoscere profondamente il territorio, il clima e le persone che vivono quella realtà, quindi far nascere vini esclusivamente da vitigni autoctoni e ritrovare nel calice radici, tradizioni e sapori. Inoltre è contrario all’uso della barrique che considera invasiva perché annichilisce l’autenticità del vino, in quanto fa perdere al vino energia e vitalità.

martedì 12 gennaio 2021

STORIE DEI GRANDI ENOLOGI

 GIORGIO GRAI


"Un costruttore di vini così grandi da doversi inginocchiare al cospetto di un suo Pinot Bianco"
affermazione di Andrej Tschelistcheff, padre della viticoltura californiana

Buon bere a chi legge!!

Uno dei più grandi Enologi Italiani di sempre, un personaggio di caratura internazionale, considerato il Re dei vini Bianchi, definito uno dei migliori "Nasi del Mondo".

Nasce a Bolzano nel 1930 nell'albergo di famiglia il "ROMA" nella camera n. 43. Si definiva un italiano tra i tedeschi e un tedesco tra gli italiani. 

Fin da bambino si appassiona alla cucina e un passo alla volta ne apprende i segreti. Inizia gli studi in agricoltura specializzandosi in viticoltura ed enologia, diventate in seguito le sue passioni.

Il padre aveva una personalità molto complessa e bizzarra era scultore e pittore, alla fine della prima guerra mondiale fu costretto a cambiare il cognome da Krainz a Grai, ed è da lui che il figlio ha ereditato il piacere verso le cose belle dell'arte e della vita.

Grai ha girato il mondo, ha vissuto in Inghilterra, Germania e Svizzera lavorando presso alcuni tra i più prestigiosi ristoranti, dove ha imparato a conoscere  il vino più che alla scuola di enologia.

Personalità forte ed autorevole, non ha mai omesso la sua opinione neanche di fronte a Chef di fama internazionale, grandi produttori di vini o personalità accademiche che gli chiedevano un autorevole parere. Per tutto questo era contemporaneamente odiato, riverito, acclamato e amato, faceva nascere invidia in alcuni suoi interlocutori, è l'insieme di queste emozioni che il suo  modo di essere generava, gli procurava un enorme piacere. A dimostrazione del suo carattere schietto e diretto, Mario Soldati nel suo famoso libro "Vino al Vino"descrive uno scontro verbale avuto con Giorgio Grai in occasione del "Congresso Vitivinicolo di Firenze", dove Soldati asserì che amava prediligere i cosi detti vini senza etichetta, quei vini che non venivano prodotti dai Consorzi o dalle Cantine sociali. Su questa affermazione Grai lo accusò di avere dei pregiudizi.

Aveva due passioni, al primo posto c'era l'enologia, al secondo il mondo dei motori. E' stato un pilota professionista negli anni '60-'70 correndo per la Lamborghini, partecipando a diverse competizioni come il Rally dei Fiori, Rally dell'Elba, dei Colli Orientali, di Sardegna, al Rally d'Italia, al Semperit ( Austria), al Rally di Montecarlo correndo per alcune scuderie venete come la San martino, la San Marco di Venezia e la Palladio di Vicenza.

La sua carriera nel mondo del vino inizia nel suo wine bar "Edy Bar" a Bolzano. Entrò nella Associazione Enotecnici dove arrivò a ricoprire il ruolo di Vice Presidente e divenne Vice presidente dell' Unione Internazionale degli Enologi. Ha collaborato con riviste e giornali enogastronomici.

E' stato consulente di case vinicole piemontesi come Gancia e Betasiolo, della veneta Bertani, della marchigiana Bucci. Il New York Times lo ha definito " Artist composer-winemarker". Nel 2014 ricevette il riconoscimento " Luigi Veronelli" definendolo un lungimirante e visionario, capace di anticipare di decenni molti aspetti dell'enologia di oggi.
Fino alla fine ha lavorato come enologo, produttore e consulente di cantine vinicole italiane e francesi.

Un decennio fà dichiarò che per fare un ottimo vino si deve seguire con la massima attenzione tutta la sua fase di lavorazione. La natura è qualcosa di perfetto ma è la  scarsa attenzione che pone l'operatore a decretarne i difetti o gli errori. Sui vini biologici era favorevole se prodotti seguendo i disciplinari, ma se si trovano in prossimità di una strada ad alta percorrenza, ne annulla la qualifica di biologico in quanto avremo un vino carico di piombo.

Per Giorgio GRAI la vinificazione in bianco e in rosso aveva dei concetti ben definiti. L'uva bianca generalmente è più fragile, più difficile, quindi se si sbaglia si perdono gli aromi ed i profumi mentre il rosso è più robusto. Un vino bianco deve essere più armonico, elegante, più morbidezza ed avere grandi profumi freschi , aggressivi, immediati, piacevoli al contrario dei rossi che con i tannini, polifenoli e gli antociani hanno uno spettro più ampio, compatto e spesso. Ottenere l'eleganza è più complicato che non tirar fuori la robustezza.

Grai nel valutare un vino riconosceva una maggiore importanza al territorio ed alla mano dell'uomo che non al vitigno.

Si presentava con un biglietto da visita che cosi citava:
" dottore di tutto, cavaliere di buon gusto e ingegnere nell'arte di cavarsela"

Giorgio Grai è morto a Bolzano il 30 ottobre 2019, all'età di 89 anni, non averlo potuto conoscere è un difetto per il quale non esiste un rimedio, questo è stato scritto in sua memoria.





 







sabato 12 dicembre 2020

Storie di grandi Enologi ...... GIACOMO TACHIS

 GIACOMO TACHIS

l'uomo che ha creato "I SUPER TUSCAN"

( Solaia-Tignanello-Sassicaia)


Iniziamo questa nuova rubrica cercando di raccontare le storie dei grandi Enologi, che hanno contribuito con la loro passione e le loro intuizioni a far nascere i grandi vini che oggi noi conosciamo.

L'Enologo più grande o importante di tutti i tempi, definito il Re o Principe degli Enologi Italiani è il piemontese Giacomo TACHIS. Nasce a Poirino un piccolo comune della provincia di Torino il 4 novembre del 1933. La famiglia è di origini modeste, suo padre Antonio fa il meccanico tessile, mentre sua madre Cecilia la casalinga.  .

Fin da bambino dimostrò una perfetta attitudine per gli studi, si appassiona a tutto, scienza, arte e letteratura. Ma non ha solo la passione per lo studio. Ha un carattere piuttosto ribelle, tenace e forte con insofferenza verso coloro che si mostrano autoritari senza essere autorevoli. Spesso è in contrasto con i professori e se una cosa gli va di traverso non c'è modo di fargliela apprezzare. Non sa subito cosa vorrebbe fare da grande. La madre vedendo questa indecisione del figlio, ma anche l'amore e la passione che aveva per lo studio, chiese ad un suo cugino, che lavorava come Direttore della Martini & Rossi, che scuola poteva essere adatta per il giovane Giacomo,  che dimostrava una grande passione per la chimica e la biochimica per le piante. Attraverso la chimica lui vedeva che era possibile comprendere il perchè della vita. Non aveva passione per il vino, ma per la chimica della vite sì!!!. 
Il cugino le consigliò di farlo studiare da enologo, presso l'Istituto Agrario di Alba, che poi glielo avrebbe sistemato lui il figlio in azienda.



Il periodo trascorso a scuola è stato un periodo bellissimo per il giovane Giacomo. Giornate trascorse fra lo studio ed il divertimento, Trascorre ore in laboratorio perso con alambicchi ed esperimenti, mentre i compagni preferiscono giocare con una palla. A causa di tutto questo viene preso in giro, lo definiscono un secchione, uno che diventerà semplicemente un mescola vino. Ma non si sente attaccato da quelle affermazioni, anzi è contento dell'idea di diventare un mescola vino. 

I professori sono tutti contenti di quello studente che si dimostra attento e curioso, i genitori sono orgogliosi del loro ragazzo. La curiosità che dimostrava Giacomo lo portò ad interessarsi di vedere cosa accadeva negli altri  paesi oltre i confini nazionali. Arrivó il momento che iniziò a seguire il più grande ed affermato enologo del mondo, il francese Emile Peynaud di Bordeaux. 


Durante il periodo trascorso ad Alba, gli scriveva per chiedere consigli, aveva una intensa  frequentazione epistolare con il grande enologo francese, da lui considerato per sempre un maestro, il suo maestro!.

Quando termina gli studi nel 1954, la promessa fatta dal Direttore non è più possibile mantenerla. 
Giacomo non si scoraggia, perchè consapevole di avere in mano un mestiere che sanno fare in pochi. 
Nel 1961 viene a sapere che l' Antinori sta cercando un enologo, ed hanno un bellissimo laboratorio, in Toscana a San Casciano in Val di Pesa, inoltre lo stipendio è da considerarsi dignitoso.



Gli Antinori sono una famiglia nobile, si occupano di vino da quando nel 1385 Giovanni di Piero Antinori, entro a far parte dell'Arte Fiorentina dei Vinattieri, e ad oggi quella attuale è la 26° generazione di Vinattieri, i più antichi d'Italia.

Qui Giacomo inizia a studiare la vinificazione, appassionandosi sempre di più allo studio della microbiologia, i batteri che azione avevano nel tempo sulla materia, inizia ad appassionarsi al Vino, per nostra fortuna.



In quegli anni in Italia non si producevano grandi vini, come quelli francesi. Ma si produceva più guardando alla quantità a discapito della qualità dei vini, quindi nessuno riusciva ad emergere. In Toscana c'era il Chianti nel fiasco, il vino che piaceva solo ai contadini. 

Lui vuole andare oltre ed inizia a studiare i vini prodotti all'estero insieme a Piero Antinori, in Germania, Stati Uniti ed in particola modo in Francia. Si rendono conto che in Italia è limitata dai pochi investimenti fatti in campo enologico, i macchinari sono vecchi, le tecniche di raccolta delle uve e quelle di vinificazione sono vecchie e superate. Le modalità di come produrre il vino era il solo frutto delle tradizioni trasmesse da padre a figlio, senza applicare uno studio con il fine di comprendere gli errori e trovare nuove soluzioni.

Il Marchese Mario Incisa della Rocchetta, non era un produttore di vini  ma era un allevatore di cavalli da corsa ( il grande Ribot).



In cantina aveva delle bottiglie di Cabernet, che produceva unicamente per consumo della famiglia e per condividerlo con gli amici. Era un Cabernet che era arrivato come barbatella 10 anni prima, direttamente dai vigneti dei Rothschild in Francia, a seguito di una scommessa vinta dal Marchese fatta con lo stesso Rothschild in cui erano state coinvolte le vicende sportive del noto cavallo Ribot ( ne riparleremo in un prossimo post).

Il figlio Nicolò era convinto che quel Cabernet avesse un potenziale non ancora sviluppato, poteva diventare un grande vino, ma gli occorreva colui che avrebbe potuto realizzare il suo sogno. Quell'uomo tanto atteso, il mescolatore di vini, si materializzò in Giacomo Tachis.


Marchesi Nicolò e Mario Incisa della Rocchetta

I Marchesi della Rocchetta erano cugini ed amici degli Antinori, e chiesero la cortesia da parte del cugino di permettere al suo giovane enologo di poter recarsi nella loro tenuta per avere un parere ed un consiglio su quel loro Cabernet prodotto in famiglia.

Nicolò chiede di fare una semplice considerazione sommaria, solo qualche commento e consiglio. Giacomo inizia ad assaggiarne diverse annate, quelle conservate meglio nei fusti. Segnando quelle pregevoli con un "X" e con un "?" quelle che presentano qualche difetto. Giacomo per riuscire a fare uno studio più approfondito, decide di prelevare dei campioni da analizzare in modo più scientifico. Prendendosi più tempo per dare un parere definitivo, atteggiamento che contraria i Marchesi della Rocchetta, che interpretano quel modo di valutazione troppo freddo e supponente, che dimostra la mancanza di quella sensibilità che si deve avere quando si approccia il vino, che è un elemento vivo e che per comprenderne le caratteristiche e le qualità necessita di essere osservato, annusato e bevuto. 

Ma Giacomo Tachis sarà l'uomo giusto per il futuro della loro cantina, inalzandola per qualità tra i migliori del mondo, in quanto si dimostrerà il primo e migliore interprete di quel vino che prenderà il nome di "Sassicaia".

Nicolò e Giacomo diventeranno grandi amici per tutta la vita, condivideranno il percorso che avevano iniziato insieme nel produrre quel grande vino.

A Giacomo Tachis, nei 32 anni trascorsi a lavorare per la famiglia Antinori, si deve la nascita di due dei tre " I SUPERTUSCAN",  il "Solaia"  ed il "Tignanello" oltre al già nominato Sassica dei Marchesi della Rocchetta. Sono vini oramai con un riconoscimento internazionale, pari o anche superiore per qualità ai grandi vini Bordolesi. La sua innovazione in Toscana fu che riuscì a creare dei vini rossi che uscivano dai disciplinari del Chianti. Questi tre grandi vini nascono grazie all'impiego innovativo per quel periodo, della fermentazione manolattica e delle Barrique per l'affinamento ( quest'ultime una grande novità), e nasce il neologismo di " Vino Barricato".


Per Giacomo Tachis, il concetto di vinificazione si basa su alcuni principi, dove il " vino è l'interpretazione della natura, e per essere di qualità deve saper raccontare il territorio, attraverso le sue caratteristiche organolettiche ", e " il sesto d'impianto ridotto, che consiste nel ridurre il numero di piante presenti in vigna per avere una maggiore qualità e non la quantità che è sinonimo di pochezza".

Il suo impegno nei confronti della viticoltura non si fermò solo alla Toscana, ma rivolse le sue attenzioni verso il centro e sud Italia. Collaborò in Sardegna nella produzioni del Vermentino e del Carignano, in Sicilia nelle produzioni del Nero d'Avola, Grillo, Catarratto e Inzolia, in Piemonte nelle produzioni della Barbera e Nebbiolo, in Umbria  con il vino Pelago,  in Toscana con il Sangiovese, in Trentino Alto Adige fu  fautore del San Leonardo

Tra le tante curiosità presenti nel modus operandi di Giacomo Tachis, c'era quella di assaggiare il terreno nel vero senso della parola, oppure che nel retro del suo bellissimo studio, era ricavata una piccola stanza dove l'enologo usava ogni tanto riposare dopo una degustazione.

Giacomo Tachis era un grande Enologo che adorava sempre approfondire lo studio della chimica e della microbiologia, ma usava dire ai propri collaboratori o allievi "Conoscere la chimica è importante, per  non usarla nel vino". 

Il lascito ai posteri di Giacomo Tachis si può leggere tra queste righe:

" C'è il vino del povero e il vino del ricco: quello del povero è il " vinum operarium" fatto semplicemente dal contadino, che nasce dal sentimento e che è più vicino alla natura. L'agricoltore serio vinifica come sente di fare e l'ispirazione gli proviene dalla campagna e dall'armonia raggiunta con essa; in questo  odo il vino nasce dalla mano dell'uomo come la natura vuole che sia. Il vino del ricco, invece, si ha con le tecniche sofisticate, viene ottenuto con travasi particolari, microfiltrazioni o anche balle tipo l'osmosi inversa e altre ancora. Punta su vigneti scelti, noti, sui più blasonati"


Quindi come possiamo interpretare il suo testamento.........

Buon bere!!























Parte 2: I Vitigni del Piemonte - Bacca Rossa e Bacca Bianca

  Il Piemonte, culla di tradizione vinicola, è ricco di vitigni autoctoni e internazionali, che contribuiscono alla produzione di alcuni dei...